Oggi è il Tolkien Reading Day! Come ogni anno, il 25 Marzo è un giorno speciale per i lettori de Il Signore Degli Anelli: si festeggia la sconfitta di Sauron e la caduta di Barad-dûr leggendo un passo dall’opera, attenendosi alle indicazioni della Tolkien Society. Quest’anno il tema è Natura e Industria

Noi dell’Associazione Culturale Sentieri Tolkieniani, con il supporto della nostra webradio, Radio Brea, lo festeggeremo domani 26 Marzo 2020 alle 20:30 insieme a voi in diretta streaming, leggendo e commentando con voi alcuni passi delle opere del Professore.

Potrete partecipare anche voi in prima persona commentando gli streaming oppure leggendo in diretta un brano! Il tutto semplicemente scrivendo un messaggio alla nostra pagina Facebook entro domani alle ore 14:00, così da ricevere le istruzioni per partecipare alla diretta.

COME SEGUIRE LA DIRETTA

È semplicissimo: basterà collegarsi a uno dei seguenti link dalle 20:30 di Giovedì 26 Marzo 2020

Nell’attesa che arrivi domani, vi lasciamo in compagnia di un breve saggio scritto da Paolo Gulisano, nostro socio onorario.

Buona lettura!

“Un’era di mezzi migliori per fini peggiori”

John Ronald Tolkien fu un uomo dalla profonda sensibilità nei confronti della natura, e ciò fin dall’infanzia. Si è sempre detto che fin dall’infanzia il futuro scrittore aveva nutrito un grande amore per le lingue; tuttavia il piccolo Ronald appariva attratto anche dallo studio della botanica, che la madre incoraggiò con la consueta attenzione che aveva per le inclinazioni del bambino, e mostrava chiaramente i segni di un altro grande amore, oltre a quello per i draghi: gli alberi. Li studiava, li disegnava con cura, ma soprattutto amava stare loro in compagnia: stava a lungo seduto appoggiato ai loro tronchi, vi si arrampicava sopra, parlava con loro. Fu molto stupito quando si accorse che la maggior parte delle persone non condivideva questo amore, e ben presto dovette anzi assistere con crescente dispiacere alla distruzione dei boschi del suo piccolo mondo incantato: quel che restava dell’Inghilterra rurale lasciava inesorabilmente il posto ad una nuova fase della rivoluzione industriale, e i tentacoli di cemento della periferia di Birmingham si estesero fino a Sarehole Mill, il villaggio ai margini della metropoli dove Tolkien abitava.                                                    

Per tutta la vita dunque John Ronald ebbe a conservare questo amore per gli alberi, e a ricordare nelle sue opere il valore di un necessario equilibrio tra l’uomo e la natura. Gli alberi e le foreste sono spesso tra i protagonisti delle storie della Terra di Mezzo: la Contea, in primo luogo, la patria degli hobbit, un fertile territorio sito nel Nord-Ovest, che fino alla grande Guerra dell’Anello era vissuta tranquillamente e pigramente appartata dalle vicende della Terra di Mezzo, con la sua struttura sociale di tipo rurale pacificamente e ordinatamente amministrata. All’estremità orientale della Contea, inoltre, si estendeva quel che restava dell’antica foresta che un tempo ricopriva quella regione. Strani alberi vi si incontravano, come il  Vecchio Uomo Salice. Qui viveva ed esercitava la sua signoria sulla Vecchia Foresta il più misterioso protagonista della Terra di Mezzo: Tom Bombadil, un personaggio apparentemente marginale nella grande saga, ma dal grandissimo significato simbolico. Il suo potere, la sua conoscenza e la sua gioia destano stupore e ammirazione profondi, e un interrogativo irrisolto sulla sua origine e sul suo ruolo. Tom ha di fronte alla realtà e alle cose una libertà inimmaginabile, che ricorda quella di un San Francesco d’Assisi. Su di lui il potere malefico dell’Anello del Potere, che corrompe anche i più nobili e i più sapienti, non ha nessun effetto, anzi: se ne ride tranquillamente. Forse non ha torto chi intravede dietro il suo sorriso saggio e sereno il volto di John Ronald Reuel Tolkien.

C’è poi Bosco Atro: la vasta foresta sita ad est del fiume Anduin, conosciuta un tempo come Il Grande Bosco Verde. Con il crescere del potere di Sauron, l’Oscuro Signore, venne infestata da orchi e grandi ragni neri. Nonostante ciò vi rimasero anche gli elfi, a ricordare come fosse stata un tempo.
Il bosco è speso in Tolkien una sorta di oasi dalle ostilità di un mondo corrotto. E’ il caso, ad esempio di Rivendell, chiamata “l’ultima dimora accogliente”; rifugio nascosto degli elfi in una scoscesa valle di Lorien, sopravvissuta a tutti i conflitti tra elfi e Sauron, in tempi di pace costituiva un luogo di studio e di meditazione. Lorien, ovvero “la terra del sogno”, era uno dei luoghi più incantevoli della Terra di Mezzo: reame elfico occultato nei boschi siti ad ovest del fiume Anduin, fondato dalla regina Galadriel e da lei governato con grande saggezza fino al giorno della inevitabile partenza per le Terre Imperiture fu abbandonato. Qui Frodo e i suoi amici avevano attinto alla fonte della sapienza elfica.

Infine vi era Fangorn, residuo di un’antica immensa foresta che un tempo ricopriva gran parte di Eriador. Qui vivevano gli Ent, antiche  creature, mezzi uomini e mezzi alberi, guardiani della foresta, profondamente buoni nonostante il loro temibile e gigantesco aspetto- superavano in altezza i quattro metri- e custodi di una saggezza antica quanto la terra. Nella Guerra dell’Anello furono alleati importanti e decisivi contro le forze maligne di Mordor, a ricordare quanto sia importante l’alleanza che l’uomo deve stringere con la natura, se vuole sopravvivere a quelle forze negative che egli stesso è in grado di scatenare.

L’amore di Tolkien per gli alberi, che entra con tale rilevanza nelle sue storie, non rappresenta una sorta di nostalgismo arcadico per un mondo rurale idealizzato, ma esprime un desiderio di bello, di bene, di uso del buon senso al fine di impiegare meglio le risorse che il Creatore ci offre attraverso il creato.

Per Tolkien nella modernità c’è una desolante perdita del senso del bene e del male, nonché della bellezza e della bruttezza. “E’ veramente, la nostra, un’era di mezzi migliori per scopi peggiori” -scrisse nel 1938 nel saggio On Fairy Stories – “e fa parte dell’essenziale morbosità di un’epoca siffatta- la quale provoca il desiderio di evadere, non proprio dalla vita, sì però dal nostro tempo presente e dalla infelicità di cui siamo noi stessi gli autori- il fatto che siamo acutamente consci sia della bruttezza sia dell’iniquità delle nostre opere. Sicchè, ai nostri occhi male e bruttezza sembrano indissolubilmente connessi”

Si tratta di una delle più lucide diagnosi sulla modernità mai scritte. In essa vi è il lapidario giudizio di Tolkien sulla tecnologia: non una demonizzazione, ma l’evidenza che è fondamentale oltre la tecnica anche l’etica. Un mezzo può non essere cattivo in sé, ma dipende dall’uso che se ne fa. Un aereo è un formidabile mezzo di locomozione, ma può essere anche un terribile strumento di morte se sgancia delle bombe.
Le grandi trasformazioni della società industriale agli inizi del Novecento furono dunque affrontate da Tolkien attraverso il suo talento artistico, attraverso la sua passione per il mito, attraverso la sua geniale creatività, arrivando così alle sue opere, che rappresentano una  proposta di ritornare alla fantasia come rimedio salutare per l’animo umano.

Paolo Gulisano