Il quarto episodio della prima stagione de Gli Anelli del Potere entra subito nel vivo: la regina Miriel è immersa in un sogno in apparenza lieto, una cerimonia di Benedizione dei Figli, quando all’improvviso un’onda terribile e gigantesca, la Grande Onda del titolo dell’episodio, travolge l’intera Nùmenor.

La Regina si sveglia, e noi con lei: entrambi abbiamo creduto che non fosse un sogno, tanto era vivido. Invece, è ancora presto per la Caduta, ma questa scena, oltre ad essere davvero ben fatta, va al cuore dell’ispirazione Tolkieniana per Nùmenor: Tolkien per anni è stato vittima di un sogno ricorrente, una grande onda che travolgeva ogni cosa; e questo sogno lo ha poi trasferito nel Signore degli Anelli: anche il personaggio di Faramir subisce quest’incubo ricorrente. Da questo sogno nacque l’idea di Nùmenor, ed è molto bello vederlo riprodotto ne Gli Anelli del Potere, trasferendolo nel personaggio di Miriel, che ha su di sè una pesante eredità: dover decidere cosa fare mediando tra la propria coscienza e il dovere verso i suoi sudditi. Per chi scrive, Miriel è la vera protagonista dell’episodio, assieme ad Elrond ed… Adar. Ma andiamo per gradi.

Miriel viene messa di fronte alla rivelazione scoperta da Galadriel ed Elendil: c’è un Nemico nella Terra di Mezzo che sta tornando, e la figlia di Finarfin le chiede di ripristinare l’antica alleanza, essendo entrambi, Elfi ed Uomini, nemici di Sauron ( parole che riecheggiano la lettera di Gil-Galad al re Tar-Meneldur dei Racconti Incompiuti). Mirel tentenna, è evidente- dopotutto, è figlia di Palantìr, colui che tentò di tornare all’antica via- ma la paura di rinfocolare la guerra civile involontariamente scatenata da suo padre, è troppo grande. Rifiuta e al desiderio di Galadriel di interloquire col padre- un atto di collera Noldoresca a cui Morfydd Clark dà un tocco di potenza davvero forte – la mette in carcere. Miriel è tra due fuochi: l’amore per il padre da una parte, che assiste e protegge in segreto, e dall’altro una folla rumorosa e intollerante che si controlla a stento anche perchè Pharazon ( un Trystan Gravelle già notevole) complotta, stringe mani, lancia promesse e giuramenti, finge di calmare la popolazione mai in realtà soffia sul fuoco: “Vi giuro che rimarrà un regno di Uomini”. Al bando gli Elfi, via mani e corpi che non invecchiano e potrebbero rubare il lavoro. Il complotto di Pharazon si intravede già.

Nùmenor è sempre più viva e pulsante, e anche i tormenti interiori di Isildur ( Maxim Baldry, uno che sa trasmettere emozioni anche solo con lo sguardo) si cominciano a chiarire: la perdita della madre e la lontananza dalla vera Nùmenor, quella dei Fedeli, che sembrano aver trovato un leader nel fratello Anàrion, che ancora ci viene tenuto nascosto. Nel frattempo, in una scena strana e un pò confusa, Galadriel riesce a fuggire, con Pharazon che finge palesemente di fermarla e poi si fa convincere da Halbrand, che langue in carcere in attesa del processo: tra i due sembra esserci una qualche intesa. Che sia siano parlati di nascosto?

Intanto, Galadriel, spinta dalla sua avventatezza Noldoresca, cerca di incontrare il vecchio Re nella torre in cui è tenuto recluso, ma lì trova Miriel, e comprende che c’è un segreto da non rivelare: il re è malato, e Miriel sta cercando di proteggerlo fino alla fine dei suoi giorni, perchè è l’unica erede- donna- di un regno che adora un uomo, Pharazon, che non si ferma di fronte a nessuno. Galadriel, di fronte alla malattia di un vecchio e all’amore di una figlia, cambia voce ed espressione, come se finalmente riuscisse, oltre il suo dolore, a comprendere gli Uomini. E così, finalmente, lei e Miriel, dopo la grande rivelazione di un Palantìr nascosto che mostra ciò che accadrà se non si farà nulla, troveranno il modo di allearsi e andare assieme nella Terra di Mezzo, una spedizione a cui parteciperà anche Isildur da volontario. Pharazon sembra condividere il progetto, ma pare evidente che non veda l’ora di rimanere da solo a Nùmenor per complottare.

Il tempo di Ar-Pharazon si sta avvicinando…

Ma la puntata mostra altre due storyline molto forti: a Khazad-Dum vediamo Elrond- un sontuoso Robert Aramayo, per chi scrive sempre più bravo- scoprire che Durin e Disa gli stanno nascondendo qualcosa: sospetti rinfocolati anche da Celebrimbor, con il quale Elrond ha un toccante dialogo sul padre Earendil e le sue capacità profetiche. A Khazad-dum, comunque, Elrond scopre che i Nani hanno trovato un nuovo prezioso metallo….il mithril! Oltre a mettere in mostra una divertente capacità di leggere il movimento delle labbra di Durin e Disa per carpire il segreto del luogo di misteriosi lavori, Elrond assieme a Durin è protagonista di un bello scambio filologico sul nome da dare al metallo, e sarà Elrond a chiamarlo mithril.

Le scene a Khazad-dum mediano sempre bene tra comicità e serietà; una serietà che assume risvolti davvero interessanti quando Durin chiede a Elrond di giurare sul segreto, pena “il dolore su di te e la tua famiglia fino alla fine dei tuoi giorni nella Terra di Mezzo”. E se pensiamo alla perdita di Celebrìan prima e Arwen poi, e inoltre allo strano dialogo del Signore degli Anelli tra Elrond e Gimli sulla pericolosità dei giuramenti, questa scena assume un valore davvero molto forte e alto per quanto riguarda l’attinenza ai testi.

Infine, Adar. L’apparizione di questo Elfo corrotto è folgorante: Joseph Mawle, come suo solito, ha una presenza scenica davvero formidabile; e rimaniamo tutti colpiti da questo Elfo, un angelo caduto, “un frutto attossicato del Fratricidio”, come disse Tolkien di Maeglin, unico Elfo passato per davvero al male.

Sappiamo che Maeglin è caduto a Gondolin nella Prima Era, ma non tutti gli Elfi “morti” tornano ad Aman.
Alcuni si rifiutano e vagano nella Terra di Mezzo, perduti, devastati ed emarginati; sarebbe una svolta interessante. Se Adar non è Maeglin, gli assomiglia davvero molto, e trae perlomeno ispirazione da lui per spiegare tutti quei misteriosi emissari di Sauron tra Seconda e Terza Era.

Detto questo-solo il tempo ci dirà se è una interpretazione giusta-il dialogo tra lui e Arondir è affascinante ed inquietante: siamo pur sempre di fronte ad un Elfo caduto, ma quando parla del suo passato e del Beleriand- passato in comune con Arondir, veniamo a scoprire- non si può non provare tristezza per Adar. Ma egli è comunque caduto, ed intima ad Arondir di avvisare la gente di Tirharad di arrendersi, pena una fine terribile. Arondir, mentre viene liberato per portare il messaggio, salva Theo, che si era recato, disubbidendo a Bronwyn, nel villaggio abbandonato per cercare cibo. Lì il ragazzo trova gli Orchi in cerca della misteriosa spada che proprio lui ha trafugato. Arondir lo salva e lo porta con sè, mentre la stessa Bronwyn è sulle tracce del figlio. Tutti e tre escono dalla foresta, inseguiti dagli Orchi che però si fermano al limitare del bosco, perchè sta arrivando il sole. I due gruppi si osservano, tesi… e poi gli Orchi rinunciano. Una scena molto bella, che rispetta in pieno ciò che Tolkien ci dice degli Orchi.

I tre riescono a fuggire, ma Adar ora verrà a sapere che la spada è nelle mani dei rifugiati Umani, mentre Theo, dopo aver “attivato” la spada per difendersi dagli Orchi, scopre di avere uno strano segno sul braccio, così come il vecchio fabbro, che gli dice di star pronto, perchè Sauron sta tornando: il vecchio non ha quindi mai rinnegato l’eredità del male, e probabilmente altri hanno fatto come lui.

Che faràTheo? Non ci resta che attendere per scoprirlo, ma il ragazzo sembra entrato in una drammatica spirale, e le vicende attorno a lui, Bronwyn e Arondir ammantarsi di tragedia.

Comunque sia, nelle Southlands si prospetta uno scontro mentre i Nùmenoreani iniziano i preparativi di guerra: due storyline stanno per incrociarsi, e la trama comincia a scorrere in modo molto più fluido di prima ( comunque anche le prime tre puntate erano tutt’altro che macchinose).

Ora la storia comincia davvero, e il viaggio verso i grandi eventi della Seconda Era si è messo in moto.