Pierluigi Cuccitto

Alla fine, il 2 settembre del 2022, che sembrava tanto lontano, è arrivato, e tutti hanno potuto vedere le prime due puntate de Gli Anelli del Potere. Episodi che sono un vero e proprio Prologo di tutta la serie, ed è in questo modo che va guardato: come una introduzione a tutto quello che verrà, storyline, personaggi, luoghi e direzioni della trama compresi. Così, è difficile dare giudizi definitivi, come in rete si sta già facendo, ma vanno fatte almeno alcune considerazioni.

La prima: è un inizio davvero eccellente, che spazza via tutti i dubbi sulla qualità del prodotto a livello visivo, scenografico e narrativo. La qualità della resa scenica è evidente, l’inizio è folgorante e ti riporta subito nel cuore della Terra di Mezzo, con un prologo di quindici minuti che, al di là del grande impatto visivo sulle scene di guerra e devastazione, va al cuore del rapporto tra Galadriel e l’amato fratello Finrod, interpretato con bravura davvero convincente da Will Fletcher. Il loro dialogo sul bene e il male va al cuore dello spirito delle opere di Tolkien, il tutto arricchito da un dialogo che riprende con molta fedeltà lo stile di Tolkien. E questa è una caratteristica presente anche negli altri dialoghi che abbiamo visto finora: questa era la sfida più difficile per questa serie, “riempire i buchi della Seconda Era”- di cui, ricordiamolo, il Professore ha scritto poco e in maniera non sempre coerente con Il Signore degli Anelli- attraverso dialoghi che sembrassero usciti dalla Terra di Mezzo. Per chi scrive, la sfida per ora è sulla buona strada per essere vinta.

Altra nota di merito è stata la creazione dei luoghi nei quali i personaggi andranno ad interagire. Non solo ogni luogo mostra la diversità culturale dei vari popoli- la ricchezza di Khazad-Dum, il nomadismo degli Harfoots, la civiltà rurale degli Uomini delle Southlands, il magnifico isolamento degli Elfi del Lindon- ma veniamo presi per mano e condotti nei vari luoghi attraverso una mappa che si materializza davanti a noi e ci porta immediatamente nei luoghi che si aprono davanti ai nostri occhi. Una scelta efficace.

Le prime due puntate iniziano a mostrarci la situazione politica della Seconda Era: Elrond- un grande Robert Aramayo- tenta di instaurare un’amicizia con i Nani di Khazad-dum nonostante le reciproche storiche differenze tra Elfi e Nani. Non ci può essere fiducia tra martello e roccia, dice Durin III ( Peter Mullan) al figlio ( Owain Arthur, una rivelazione) , ma Elrond e il principe Durin cercheranno, tra affetto e incomprensioni, di portare avanti quel rapporto che sarà poi rinforzato dall’amicizia tra il Nano Narvi e Celebrimbor, che vediamo in qualche scena della seconda puntata. Charles Edwards, considerato da molti troppo vecchio per la parte ( erroneamente, dato che in Tolkien egli ha più o meno quell’età) , mostra la sua notoria bravura mettendo in campo le motivazioni del nipote di Feanor; voglia di superare il nonno in qualsiasi modo e tendenza a cercare aiuto per i suoi progetti al di fuori degli Elfi. Vediamo bene rispecchiata in lui la frase di Tolkien che lo riguarda: “aveva un amore quasi nanico pe le arti manuali”. L’elogio che fa dell’amore dei Nani per il lavoro è davvero in linea con le parole del Professore.

Da segnalare, in queste due puntate, come uno dei dubbi sulla serie si sia già ridimensionato: gli Harfoots, i proto Hobbit, sono stati realizzati con grande cura e attenzione, e mostrati nella loro cultura nomade, il loro modo di parlare, le loro tradizioni apparentemente immote, tutte tese a nascondersi dagli altri popoli. Ma senza fare i conti con la più avventurosa di loro, Nori ( una fantastica Markella Kavenagh) , che si imbatterà nel misterioso essere piovuto dal cielo, lo Straniero, che ci farà arrovellare per cinque stagioni. Su di lui bisogna sospendere il giudizio: per ora è stato introdotto bene, ma bisogna vedere come lo s farà interagire con gli Harfoots e come gli si darà uno scopo.

Poi, le Terre del Sud, laddove un giorno sorgerà Mordor e dove al momento ci sono quegli Uomini che un tempo hanno adorato e combattuto per Morgoth, e per questo vivono sorvegliati da Elfi Silvani trasferitisi lì dall’inizio della Seconda Era, come si legge nei Racconti Incompiuti. Vediamo finalmente Arondir- Ismaele Cruz Cordova, Elfo credibilissimo nonostante certe incommentabili “critiche”- che li sorveglia, sì, ma a differenza degli altri Elfi, pensa che non siano tutti malvagi. Tra lui e l’umana Bronwyn ( Nazanin Boniadi) c’è una delicata storia d’amore, davvero molto tolkieniana, per ora, che tenta di unire ciò che fin troppe volte è stato diviso dalla diffidenza, e che rischia di essere travolto da un male sussurrante che sta tornando anche se tanti non lo vogliono vedere.

Già, un male che tanti non vogliono vedere ma che Galadriel- una gigantesca Morfydd Clark- vede, e sembra che lo scorga solo lei, distrutta dal dolore per la morte di Finrod, tesa a cercare Sauron dimenticandosi della pietà e e dei limiti che anche un Elfo dovrebbe avere. Il dialogo tra lei ed Elrond su dolore, male, luce e vendetta è davvero toccante. E questa Galadriel non è affatto “stravolta rispetto a Tolkien” ma rispecchia la Galadriel descritta in pochi tratti nel Silmarillion e nei Racconti Incompiuti: un personaggio orgoglioso se non arrogante, fiero, combattivo, guerriero quando serve, ma lungimirante e saggia nel vedere ciò che molti rifiutano di accettare. Personaggi millenari hanno un’evoluzione, come tutti noi, non sono statue immobili. Non si capirebbe il fascino della Galadriel della Terza Era se non avesse, parole sue , “combattuto la lunga guerra” e infine compreso che il potere per il potere è pericoloso e va rifiutato. Ma per fare questo, è necessario un lungo cammino e lo vedremo, io credo, ne Gli Anelli del Potere, che fa ciò che una serie dovrebbe fare, per ora: aprire squarci sulla Terra di Mezzo, provare a spiegare ciò che è rimasto insoluto e dare una propria visione delle cose. Che può non essere condivisa da altri, ma non essere bollata come “errore” quando si è di fronte a parti della narrativa di Tolkien che sono caratterizzate, a differenza del Signore degli Anelli, dalla frammentarietà e dalla presenza di versioni contrastanti.

Insomma, per ora è un gran bel ritorno alla Terra di Mezzo, e siamo lieti di aver cominciato di nuovo a viaggiare.