C’è un grande protagonista, nella settima puntata della prima stagione de Gli Anelli del Potere: il paesaggio. Trasformato, devastato o rinnovato che sia, il paesaggio in questa puntata agisce e sembra quasi avere voce, proprio come nei libri di Tolkien, nei quali la natura non svolge il semplice ruolo di ambientazione, ma agisce e prova emozioni, costringe i personaggi a determinate azioni ed influenza il tutto. E così accade in questa puntata, quando vediamo il villaggio di Tirharad per sempre distrutto dalla furia del neonato Monte Fato. Fumo, incendi, persone morte: lo spettacolo è terribile e magnifico allo stesso tempo. Vediamo le persone arrancare e cercare i dispersi: dapprima troviamo i Numenoreani cercare di salvare più persone possibili, riuscendoci senza però evitare una tragedia: il giovane Ontamo, amico di Isildur,è morto, lui che doveva sposarsi. Isildur rimane indietro, mentre cerca di salvare i superstiti, e sembra venir travolto da una trave. Una doppia tragedia, sembra, ma più avanti ritorneremo su questo punto.

Galadriel, il cui volto è disperato come mai prima, ritrova Theo, che cerca sua madre, e assieme si incamminano alla ricerca dei superstiti, guidati dai Nùmenoreani, che hanno allestito un accampamento su una collina lontana dalle ultime esalazioni. Il viaggio attraverso il paesaggio infernale è uno dei momenti più intensi della puntata, nel quale vediamo Galadriel e Theo immersi in più di una conversazione importante e fedele ai testi di Tolkien: i due condividono il dolore di aver perso qualcuno, e finalmente sentiamo Galadriel pronunciare- e con quanta sofferenza- il nome del fratello Finrod; ma finalmente entra in scena un altro nome, quello del marito Celeborn. Il momento nel quale Galadriel racconta l’inizio del loro amore- lei che danza sullo stesso colle nel quale Beren trovò Luthien nel Doriath- è commovente, e uno dei più grandi omaggi al Silmarillion ( a dimostrazione che la serie può attingere ai suoi elementi), nonchè una plausibile situazione per gli stessi Galadriel e Celeborn. Galadriel, qui, crede di averlo perso in guerra perchè non lo ha più visto dopo la Grande Guerra, ovvero la Prima Era. Ciò non è in contraddizione con i testi di Tolkien, perchè nella Seconda Era, come leggiamo nei Racconti Incompiuti, vera fonte non dichiarata della serie, i due si persero per molto tempo, quando Celebrimbor, istigato da Sauron, li cacciò dall’Eregion e Celeborn rimase nascosto, dato che si rifiutò di fuggire attraversando Khazad-Dum; inoltre, dopo il sacco del Doriath nella Prima Era, i movimenti dei due non sono chiari, ed è plausibile un’interpretazione che li veda separati. Che sia così o no, è una buona scelta dal punto di vista cinematografico, perchè permette di tenere in canna un bel colpo di scena.

Ma le situazioni notevoli riguardo Theo e la futura Dama non finiscono qui, perchè il ragazzo la elogia per aver ucciso tanti Orchi: lei, però, come avevamo previsto, sta cambiando, a causa di ciò che è successo, e se ne ritiene responsabile. La Dama dice a Theo che non è bello gloriarsi dei nemici uccisi perché questo può risvegliare Oscurità dentro di noi e alla fine ” la guerra è sempre fuori e dentro di noi”. Tolkien, in tutte le sue opere, denunciò la nocività della gloria guerriera fine a se stessa-e nel saggio sul Beowulf disse ” il nemico è, insieme, sempre esterno e interno”.

Insomma, un altro elemento davvero significativo, così come il momento in cui i due sono nascosti dagli Orchi sotto un tronco- richiamo visivo ai film di Jackson- e Theo estrae la spada che lei gli ha donato per ucciderli, ma Galadriel lo frena: una scena che richiama di nuovo i Racconti Incompiuti, e precisamente il momento in cui Voronwe fa la stessa cosa con Tuor nel loro viaggio verso Gondolin.

Insomma, è un momento importante: entrambi i personaggi crescono, e quando li vediamo arrivare all’accampamento di Nùmenor la gioia è grande per il ricongiungersi di Theo con la madre e Arondir, ma Galadriel sa che potrebbero guardarla con astio, perchè si sente responsabile per ciò che è accaduto, e infatti vediamo Elendil guardarla con fastidio, rimpiangendo di averla accolta: la ritiene responsabile dell’apparente perdita di Isildur : la performance di Lloyd Owen è notevole, e l’attore riesce molto bene a mostrare i sentimenti di un padre che crede di aver perduto il figlio proprio quando i due si erano riconciliati… la regina Miriel, però, diventata cieca ( parzialmente o per sempre?) a causa dell’eruzione, sorprende tutti e decide che Nùmenor tornerà per riprendersi le terre: sviluppo, questo, che va a preparare “la guerra tra Sauron e gli Uomini del Mare” della Seconda Era descritta da Barbalbero nel Signore degli Anelli e dai Racconti Incompiuti, al netto della compressione temporale. Una nota importante, nel finale: i superstiti andranno a Pelargir, dice Bronwyn, “una colonia di Nùmenor”, una cosa che concorda con Tolkien: Pelargir diverrà la base dei Fedeli, ed è possibile che Isildur sopravvissuto possa recarsi lì e incontrare il fratello Anàrion. Staremo a vedere: di sicuro è una notazione confortante, perchè dimostra che la compressione temporale non riguarda l’intera storia della Terra di Mezzo, ma il “posizionamento ravvicinato” della forgiatura degli Anelli e i personaggi che vivranno la Caduta di Nùmenor: compressione temporale sì, ma con misura.

Da segnalare, in questa puntata, l’interpretazione sofferta e orgogliosa di Chyntia Addai Robinson: una Miriel fiera nel dolore della perdita della vista ma che non perde la sua lucidità; ed è significativa la scelta della cecità per colei che, come il padre, ha un dono di preveggenza. Un rimando al mito Greco, questo, perchè anche il grande veggente Tiresia, che vedeva tutto, divenne cieco.

E mentre i Nùmenoreani se ne vanno, Galadriel e Halbrand- vivo ma ferito seriamente- partono verso il Lindon, per curare Halbrand ma soprattutto per riferire a Gil-Galad ciò che è avvenuto, e “affrontare le conseguenze dei miei atti”, dice Galadriel. L’ultima puntata, in questo, si prospetta molto intensa, perchè nel frattempo, a Khazad-Dum, Durin III ha rifiutato di aiutare gli Elfi a “sfuggire alla morte“. Ogni popolo ha un destino, dice al figlio, creato da coloro “che sono più saggi di noi“: bellissimo e drammatico il confronto tra padre e figlio, che inizia con una sorta di racconto delle origini dei Nani- il riferimento al creatore, Aule, la descrizione dei due elementi che contraddistinguono i Nani, fuoco e roccia, e un dialogo in stile prettamente Nanesco- ma che si conclude con una spaccatura tra padre e figlio: Durin IV accusa il padre di limitare non solo suo figlio, ma anche il suo popolo, “per paura di una frana“: il Mithril serve anche a noi, non solo a “salvare” gli Elfi. Volano parole grosse tra i due, e il padre strappa al figlio l’emblema che lo contraddistingue come suo successore. Disa, in una scena successiva, dà forza al marito, dicendogli che sarà lui “a regnare, e non tuo fratello“: ma indubbiamente a Khazad-dum si stanno creando grandi spaccature, perchè, se Durin III è saggio e capisce che scavare troppo in profondità può portare del male, ciò nonostante il mithril, ha poteri davvero particolari: alla sua vicinanza, la foglia malata che Elrond ha portato come testimonianza del pericolo, guarisce. Questa è ovviamente una libera interpretazione della serie sul mithril e sul perchè sia un metallo così speciale. L’ultima puntata, ci auguriamo, aiuterà a districare questa rischiosa matassa, ma il metallo potrebbe entrare nella creazione degli Anelli: d’altronde, da quello che sappiamo, l’Anello di Elrond era fatto proprio di Mithril.

Staremo a vedere: ma intanto, Durin III ordina di richiudere la vena di Mithril, non prima però di lanciare la foglia giù nell’oscurità. Essa scende nelle più buie profondità della montagna, fino a destare parzialmente… il Flagello di Durin, che sappiamo essere lì dalla fine della Prima Era, e che nella Terza Era sarà la rovina dei Nani. Per ora, la serie ce lo mostra un attimo nella sua furia: una scena di grande impatto, che va incontro alle aspettative del pubblico ma che è più scena che altro: uno dei vincoli de Gli Anelli del Potere riguarda proprio eventi della Terza Era, che non possono essere mostrati prima.

Una scena di avvertimento, insomma: il primo seme della rovina dei Nani….

Infine, gli Harfoots, che vengono travolti dal disastro: lo Straniero cerca di aiutarli, perchè gli alberi, a causa dell’eruzione, non danno più frutto: l’uomo ci riesce, ma solo quando è troppo tardi per “ricucire con lui”: all’inizio non sembra dare frutti la sua impresa, e rischia di uccidere Nori e la sorellina con un ramo che cade improvvisamente- Sadoc- Lenny Henry al suo meglio-decide di mandarlo via, spiegandogli che la sua costellazione sulla mappa indica la direzione che deve prendere per trovare le sue stelle: la foresta di Boscoverde il Grande, che altri non è che la futura Bosco Atro della Terza Era, in quel momento già regno degli Elfi Silvani con a capo Oropher, nonno di Legolas. Una direzione che suggerisce sviluppi interessanti.

Lo Straniero se ne va, non prima di un commovente addio a Nori, che gli porge una mela: il suo sguardo è eloquente, e Daniel Weyman è davvero bravissimo a recitare quasi solo con gli occhi.

Presto però gli Harfoots si renderanno conto che l’uomo li aveva davvero aiutati: gli alberi fioriscono e ci sono mele per tutti. La gioia, però, è di breve durata: le tre misteriose sacerdotesse sono sulle sue tracce.

In una scena inquietante e bellissima vediamo le tre misteriose donne bruciare letteralmente, con un tocco della mano, il campo degli Harfoots, quando questi si oppongono e cercano di impedir loro di seguire The Stranger, per poi sparire nel nulla.

E qui, per la prima volta, vediamo quel “latente coraggio Hobbit” descritto da Tolkien destarsi: dopo che Largo ricorda a tutti che “noi non ammazziamo Draghi o rubiamo tesori”– divertente richiamo rovesciato a Lo Hobbit- ma “siamo uniti l’uno all’altro” decidono di formare una piccola compagnia per andare ad aiutare il gigante: un atto di grande coraggio e follia, a cui prendono parte Poppy, Nori e la madre e ovviamente Sadoc, grande esperto dei sentieri: li vediamo allontanarsi e abbandonare la loro comunità verso un incerto destino.

E ogni storyline di questa puntata è così: incerta eppure diretta inevitabilmente verso un finale che chiarirà molte cose ma aumenterà altre questioni per la seconda stagione. Sarà un finale serrato come queste due ultime puntate, le quali si sono giovate molto della regia di Charlotte Brandstrom, che, come in Outlander, produzione dalla quale proviene, riesce a gestire molto bene sia le scene d’azione che quelle dialoganti, dando a queste ultime un bel ritmo.

Insomma, l’ultima puntata si prospetta intensa, e questa puntata ha schierato bene tutte le carte in tavola!